giovedì 23 giugno 2016

Sorrida a noi il Ricciolo attorto dei Belli

"Scapigliato ridente affannato discinto in ebbrezza,
Cantando una dolce canzone reggendo una coppa di vino,
nello sguardo il furore, beffarde le labbra dolenti,
mi colse iernotte assopito al mio fianco sedette.
Al mio orecchio si fece, e la voce amarezza gravava:
"O tu amico di tempi trascorsi, sei forse ora preda del sonno?
Il vino che danno al fedele d'amore dissolve le notti,
e lui, sacrilegio d'amore, a quel vino, ecco, non si prosterna?"
Asceta, vattene, e non disprezzare chi il nero dell'orcio sorseggia:
accettammo di viver nel mondo, e a noi questo solo fu dato.
Quello ch'Egli versò nella coppa, non altro, bevemmo,
volessero a noi dare ambrosia celeste o liquore da renderci ebbri.
A noi rida dunque rida la coppa, sorrida a noi il ricciolo attorto dei belli;
non la piange il poeta, la tetra rinuncia, e non è chi la pianga."


Khāje Shams o-Dīn Moḥammad Ḥāfeẓ-e Shīrāzī, da "Ottanta Canzoni".


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