giovedì 31 dicembre 2015

A Gabriel

Tu eri
Simile a me
E mi guardavi
Con la faccia stupita
Di bambino
Scappato di casa
Troppo presto
Per non essere travolto
Da questa
Cavità
Ti sei spento
Troppo presto
Lume fioco
Occhi tristi
Nella tua disperazione
Nella tua nera
Fuga
Ti ricordi
Quando mi parlavi
Si, ti ricordi
Gabriel
E i tuoi occhi splendevano
Di immagini
Novelle
Poi tutto è finito
E le stelle comete
Hanno smesso di cadere





martedì 10 novembre 2015

Abbiamo interpretato la meccanica quantistica in maniera errata per tutto questo tempo?


Ecco la traduzione di un articolo pubblicato un anno fa su Wired a proposito della meccanica quantistica. Vista la rilevanza della tematica in ambito epistemologico consiglio a chi lo legge di consultarsi fonti, articoli citati e di leggere anche l’originale in inglese, che sta qui: http://www.wired.com/2014/06/the-new-quantum-reality/

 

Abbiamo interpretato la meccanica quantistica in maniera errata per tutto questo tempo?


Per quasi un secolo, la “realtà” è stata percepita come un concetto confuso. Le leggi della fisica quantistica sembrano suggerire che le particelle spendano molto del loro tempo in uno stato spettrale, mancando delle più scontate proprietà come una posizione definita e esistendo invece dappertutto e in nessun luogo allo stesso tempo. Solo quando una particella è misurata essa si materializza improvvisamente, apparendo come se scegliesse la sua posizione da una lanciata di dadi.
L’idea che la natura sia intrinsecamente probabilistica – che le particelle non abbiano proprietà solide, solo verosimiglianze, fino a quando non vengano osservate – è sottintesa in maniera diretta dalle equazioni standard della meccanica quantistica. Ma ora un insieme di sorprendenti esperimenti con i fluidi ha fatto rivivere il vecchio scetticismo su questa visione. I bizzarri risultati stanno alimentando l’interesse per una versione quasi dimenticata della meccanica dei quanti, versione che non ha mai abbandonato l’idea di una singola, concreta realtà.
Gli esperimenti coinvolgono una gocciolina d’olio che rimbalza sulla superficie di un liquido. La gocciolina rovescia gentilmente il liquido ad ogni rimbalzo. Allo stesso tempo, le increspature dai rimbalzi precedenti influenzano la sua traiettoria. L’interazione della gocciolina con le sue stesse increspature, la cui forma è nota come onda pilota, fa sì che esibisca comportamenti che si pensavano essere peculiari delle particelle elementari – inclusi i comportamenti che evidenziano che queste particelle si diffondono attraverso lo spazio come onde, senza una località specifica, fino a che non vengono misurate.
Le particelle su scala quantica sembrano fare cose che gli oggetti su scala umana non fanno. Possono passare attraverso barriere, sorgere e annichilirsi spontaneamente, e occupare livelli discreti di energia. Questo nuovo corpo di ricerche rivela che anche le goccioline d’olio, quando sono guidate da onde pilota, esibiscono queste caratteristiche tipicamente quantistiche.
Per qualche ricercatore, gli esperimenti suggeriscono che gli oggetti quantici sono definiti come goccioline, e che sono guidati anch’essi da onde pilota – in questo caso, ondulazioni nello spazio e nel tempo. Questi argomenti hanno dato nuova linfa ad una teoria deterministica (opposta a quella probabilistica) del mondo microscopico proposta per la prima volta, e poi rigettata, all’inizio della meccanica quantistica.
“Questo è un sistema classico che esibisce un comportamento che le persone ritenevano essere esclusiva dell’universo dei quanti, e possiamo dire perché.” Dice John Bush, professore di matematica applicata al MIT che ha condotto di recente diversi esperimenti con goccioline che rimbalzano. “Più cose comprendiamo e per le quali cui possiamo trovare una spiegazione fisica, più difficile sarà il difendere la prospettiva del tipo “la meccanica quantistica è magia”.”


Misurazioni Magiche

Il punto di vista ortodosso sulla meccanica quantistica, conosciuto anche come “interpretazione di Copenaghen” per via della città natale del fisico danese Niels Bohr, uno dei suoi architetti, afferma che le particelle vanno a finire in tutte le realtà possibili simultaneamente. Ogni particella è rappresentata da una “onda di probabilità” che soppesa queste svariate possibilità, e l’onda collassa in uno stato definito solo quando la particella viene misurata. Le equazioni della meccanica dei quanti non affrontano il modo con cui le proprietà di una particella si solidifichino al momento della misurazione, o come, in determinati momenti, la realtà scelga quale forma prendere. Ma i calcoli funzionano. Seth Lloyd, un fisico quantistico del MIT, pone così la questione: “La meccanica quantistica è semplicemente controintuitiva e dovremmo farcene una ragione”.
Un esperimento classico della meccanica quantistica che sembra dimostrare la natura probabilistica della realtà coinvolge un fascio di particelle (come elettroni) spinte a una a una verso un paio di fenditure su uno schermo. Quando nessuno registra la traiettoria di ciascun elettrone, esso sembra passare attraverso entrambe le fenditure contemporaneamente. Nel tempo, il fascio di elettroni crea una figura d’interferenza a forma di onda fatta di strisce luminose e nere dall’altra parte dello schermo. Ma quando viene posto un detector davanti a una delle fenditure, la sua misurazione causa la perdita dell’ubiquità ondulatoria delle particelle, che collassano in stati definiti, e viaggiano attraverso una fessura o un'altra. La figura d’interferenza svanisce. Il grande fisico del XX° secolo Richard Feynman diceva che l’esperimento della doppia fenditura “ha in sé il cuore della meccanica quantistica” e che “è impossibile, assolutamente impossibile, spiegarlo in maniera classica”
Qualche fisico ora è in disaccordo. “La meccanica quantistica è molto efficace: nessuno afferma che sia sbagliata”, ha detto Paul Milewski, professore di matematica all’università di Bath in Inghilterra, che ha sviluppato dei modelli al computer della dinamica di rimbalzamento delle goccioline. “Ciò che crediamo è che ci potrebbe essere, infatti, un qualche altro motivo fondamentale per cui [la meccanica quantistica] ha l’aspetto che ha”.


Cavalcare le Onde

L’idea che le onde pilota possano spiegare le peculiarità delle particelle risale ai primordi della meccanica dei quanti. Il fisico francese Louis de Broglie presentò la prima versione della teoria dell’onda pilota nel 1927 alla conferenza Solvay di Bruxelles, un famoso incontro tra i fondatori della nuova fisica. Come spiegò de Broglie quel giorno a Bohr, Albert Einstein, Werner Heisenberg e due dozzine di altri celebri fisici, la teoria dell’onda pilota portava alle stesse predizioni delle formulazioni probabilistiche della meccanica dei quanti (che non sarebbero state riferite come l’interpretazione di Copenaghen fino agli anni ’50), ma senza le spettralità o i collassi misteriosi. La versione probabilistica, rappresentata da Bohr, coinvolge una singola equazione che rappresenta posizioni probabili e improbabili di particelle come picchi e depressioni di un’onda. Bohr interpreta questa equazione dell’onda di probabilità come una definizione completa della particella. Ma de Broglie sollecitava i suoi colleghi a impiegare due equazioni: una che descriveva un’onda fisica, reale, e un’altra che tentava di descrivere la traiettoria di una particella effettiva, concreta alle variabili in quell’equazione d’onda, come se la particella interagisse con e fosse sospinta dall’onda piuttosto che essere definita da quest’ultima.
Per esempio, consideriamo l’esperimento della doppia fenditura. Nella figura dell’onda pilota di de Broglie ogni elettrone passa attraverso solo una delle sue fenditure, ma è influenzato da un’onda pilota che si separa e viaggia attraverso entrambe le fenditure. Come relitti che galleggiano nella corrente, la particella è trasportata nei luoghi dove i due fronti d’onda cooperano, e non va dove si annullano. De Broglie non poteva prevedere la posizione esatta in cui sarebbe finita una particella individuale – come nella versione degli eventi di Bohr, la teoria dell’onda pilota predice solo la distribuzione statistica degli esiti, o le strisce luminose e nere – ma i due uomini interpretarono questi limiti differentemente. Bohr affermava che le particelle non avessero traiettorie definite; de Broglie rispondeva che le avessero, ma che noi non possiamo misurare la posizione iniziale di ogni particella in modo così soddisfacente da dedurne il percorso esatto. In principio, comunque, la teoria dell’onda pilota è deterministica. Il futuro si evolve dinamicamente dal passato, cosicché se lo stato esatto di tutte le particelle dell’universo fosse conosciuto ad un certo istante, il loro stato potrebbe essere calcolato ad ogni tempo futuro.
Alla conferenza Solvay Einstein criticò l’universo probabilistico, scherzando sul fatto che “Dio non gioca a dadi”, ma sembrava ambivalente a proposito dell’alternativa di de Broglie. Bohr disse ad Einstein di “smettere di dire a Dio cosa fare”, e (per motivi che rimangono discussi) vinse la disputa. Nel 1932, quando il matematico americano-ungherese John Von Neumann affermò di aver provato che l’equazione d’onda probabilistica nella meccanica quantistica non poteva avere delle “variabili nascoste” (cioè, quelle componenti mancanti, come la particella di de Broglie con la sua traiettoria ben definita), la teoria dell’onda pilota era così poco considerata che molti fisici credettero alla prova di Von Neumann senza nemmeno leggerne la traduzione.
Più di 30 anni sarebbero passati prima che fosse dimostrato che la prova di Von Neumann era falsa, ma da allora il danno era fatto. Il fisico David Bohm fece riemergere la teoria dell’onda pilota in una forma modificata nel 1952, con l’incoraggiamento di Einstein, e rese chiaro che funzionava, ma non venne accolta. (La teoria è conosciuta anche come la teoria di de Broglie-Bohm, o meccanica bohmiana).
Più tardi, il fisico nordirlandese John Stewart Bell dimostrò un teorema fondamentale che molti fisici odierni interpretano come la prova dell’impossibilità delle variabili nascoste.
Ma Bell sosteneva la teoria dell’onda pilota. È stato lui che ha evidenziato le problematicità nella prova originale di Von Neumann, e nel 1986 scriveva che la teoria dell’onda pilota “mi sembra così naturale e semplice per risolvere il dilemma onda-particella in un modo così chiaro e comune, che è un grande mistero per me il fatto che sia stata generalmente ignorata”
L’oblio continua.  Un secolo dopo, la formulazione probabilistica standard della meccanica dei quanti è stata combinata con la teoria della relatività speciale di Einstein e si è sviluppata nel Modello Standard, un’elaborata e precisa descrizione della maggior parte delle particelle e forze dell’universo. Abituarsi alle stranezze della meccanica quantistica è diventato uno dei riti di passaggio dei fisici. La vecchia alternativa deterministica non è menzionata nella maggior parte dei libri di testo; molte persone nel campo non ne hanno nemmeno sentito parlare. Sheldon Goldstein, professore di matematica, fisica e filosofia alla Rutgers University e sostenitore della teoria dell’onda pilota, accusa l’”assurdo” oblio della teoria a “decenni d’indottrinamento”. In questa fase, Goldstein e diverse altre persone hanno notato che i ricercatori rischiano la loro carriera nel mettere in dubbio l’ortodossia quantistica.


Una Goccia Quantistica

Ora, finalmente la teoria dell’onda pilota potrebbe avere un piccolo ritorno – o almeno, tra gli studiosi di fluidodinamica. “Mi sarei augurato che le persone che stavano sviluppando la meccanica quantistica all’inizio del secolo scorso potessero accedere a questi esperimenti” ha detto Milewski. “Perché in questo modo l’intera storia della meccanica quantistica sarebbe stata diversa.”
Gli esperimenti cominciarono un decennio fa, quando Yves Courder e i suoi colleghi alla Université Diderot di Parigi scoprirono che se viene fatto vibrare dell’olio di silicone da bagno su e giù ad una particolare frequenza una gocciolina può essere indotta a rimbalzare lungo la superficie. La traiettoria della gocciolina, hanno trovato, era guidata dalla forma inclinata della superficie del liquido generata dagli stessi rimbalzi della gocciolina – un’interazione onda-particella multipla analoga a quella della concezione dell’onda pilota di de Broglie-Bohm.
In un esperimento rivoluzionario, i ricercatori parigini hanno usato lo schema della gocciolina per dimostrare l’interferenza con una singola e una doppia fenditura. Hanno scoperto che quando una gocciolina rimbalza verso un paio di aperture in una barriera a forma di diga, passa attraverso una sola fenditura o l’altra, mentre l’onda pilota passa attraverso entrambe. Tentativi ripetuti mostrano che i fronti dell’onda pilota che si sovrappongono spingono le goccioline in determinate posizioni e mai in mezzo – una replica apparente della figura d’interferenza nell’esperimento quantistico della doppia fenditura, che Feynman descriveva come “impossibile…da spiegare in maniera classica”. E alla stessa maniera con cui il misurare le traiettorie delle particelle sembra far “collassare” le loro realtà simultanee, il disturbare l’onda pilota nell’esperimento della gocciolina che rimbalza distrugge la figura d’interferenza.
Le goccioline possono anche sembrare di “scavare” attraverso le barriere, e orbitare ciascuna in “stati legati”, e esibire proprietà analoghe allo spin quantistico e all’attrazione elettromagnetica. Quando sono confinate ad aree circolari chiamate “recinti”, formano anelli concentrici analoghi alle onde stazionarie generate dagli elettroni nei “recinti” quantistici. Si annichiliscono addirittura con le bolle sotto la superficie, un effetto che ricorda la distruzione reciproca delle particelle di materia e antimateria.
In ciascun test, la gocciolina si muove su un percorso caotico che, col tempo, sviluppa le stesse distribuzioni statistiche nel sistema fluido di quelle esperite dalle particelle a scala quantistica. Ma piuttosto che emergere dall’indeterminatezza o da una mancanza di realtà, questi effetti di tipo quantistico sono derivati, secondo i ricercatori, dalla “memoria di percorso”. Ogni rimbalzo della gocciolina lascia un segno nella forma d’increspature, e queste increspature, in maniera caotica ma deterministica, influenzano i futuri rimbalzi della gocciolina e portano a risultati statistici di tipo quantistico. Più memoria di percorso un dato fluido esibisce – cioè meno le increspature dissipano – più netta e di tipo quantistico diventerà la statistica. “La memoria genera il caos, del quale abbiamo bisogno per ottenere le giuste probabilità”, ha spiegato Couder. “Vediamo chiaramente la memoria di percorso nel nostro sistema. Non significa necessariamente che esista negli oggetti quantici, suggerisce solo che è possibile che lo sia.”
La statistica quantistica è apparente anche quando le goccioline sono soggette a forze esterne. In un test recente, Couder e i suoi colleghi hanno piazzato un magnete al centro del loro olio da bagno e hanno osservato una gocciolina magnetica ferrofluida.  Come un elettrone che occupa livelli fissati di energia intorno ad un nucleo, la gocciolina che rimbalza adotta un set discreto di orbite stabili intorno al magnete, ciascuna caratterizzata da un definito livello di energia e di momento angolare. La “quantizzazione” di queste proprietà in pacchetti discreti è di solito compresa come una proprietà che definisce l’universo dei quanti.
Se lo spazio e il tempo si comportano come un superfluido, o un fluido che non fa esperienza di dissipazione, allora la memoria di percorso potrebbe plausibilmente generare a quello strano fenomeno quantistico che è l’entanglement – quello che Einstein riferiva come “una spaventosa azione a distanza”. Quando due particelle diventano entangled, la misura dello stato di una ha immediatamente effetti sull’altra. L’entanglement ha luogo anche se le due particelle sono ad anni luce di distanza.
Nella meccanica quantistica standard, l’effetto è razionalizzato come il collasso istantaneo dell’onda di probabilità combinata delle particelle. Ma nella versione basata sulla teoria dell’onda pilota, un’interazione tra due particelle in un universo superfluido le pone su traiettorie che rimangono correlate per sempre poiché l’interazione influenza permanentemente il contorno del superfluido. “Mentre le particelle procedono, percepiscono il campo d’onda generato da esse nel passato e quello delle altre particelle nel passato” spiega Bush. In altre parole, l’ubiquità dell’onda pilota “provvede a un meccanismo che offre una spiegazione per queste correlazioni non-locali.” Tuttavia un test sperimentale sull’entanglement delle goccioline rimane un obiettivo lontano.


Realtà Subatomiche

Molti degli studiosi di fluidodinamica coinvolti o familiari con le nuove ricerche sono convinti che ci sia una spiegazione classica in termini di fluidi alla meccanica quantistica.
“Penso che sia abbastanza una coincidenza” ha detto Bush, che a Giugno ha condotto un workshop sull’argomento a Rio de Janeiro e sta scrivendo un review paper sugli esperimenti per la rivista annuale di Meccanica dei Fluidi.
I fisici quantistici tendono a considerare le scoperte meno rilevanti. Dopotutto, le ricerche sui fluidi non forniscono la diretta evidenza che le onde pilota muovano le particelle a scala quantistica. E un’analogia sorprendente tra gli elettroni e le goccioline d’olio non produce nuovi e migliori calcoli.
“Personalmente, penso che abbia poco a che vedere con la meccanica dei quanti” ha detto Gerard’t Hooft, fisico delle particelle premio Nobel all’università di Utrecht nei Paesi Bassi. Ritiene che la teoria quantistica sia incompleta ma non apprezza la teoria dell’onda pilota.
Molti fisici quantistici che lavorano dubitano del valore di ricostruire dalle basi il loro molto efficace Modello Standard. “Penso che gli esperimenti siano molto intelligenti e aprano la mente” ha detto Frank Wilczek, professore di fisica al MIT e Nobel, “ma ti portano solo su alcuni passi di quella che sarebbe una strada molto lunga, che va da un’ipotetica teoria classica soggiacente all’uso efficace della meccanica quantistica per come la conosciamo”.
“Ciò è veramente una manifestazione impressionante e visibile dei fenomeni dell’onda pilota” ha detto Lloyd. “È stupefacente – ma non rimpiazzerà in un futuro prossimo l’attuale meccanica quantistica”
Nel suo stato immaturo attuale, la formulazione in termini di onda pilota della meccanica quantistica descrive solo semplici interazioni tra materia e campi elettromagnetici, secondo David Wallace, filosofo della fisica all’Università di Oxford in Inghilterra, e non riesce nemmeno a fotografare la fisica di un’ordinaria lampadina. “Di per sé non è capace di rappresentare molto la fisica” ha detto Wallace, “per come la vedo io, questo è il problema più serio per la teoria, anche se, ad essere onesti, rimane un’area di ricerca attiva”.
La teoria dell’onda pilota ha la reputazione di essere più difficile della meccanica quantistica standard. Alcuni ricercatori affermano che la teoria presenta aspetti problematici nel trattare le particelle identiche, e che diventa scomoda quando dovrebbe descrivere l’interazione tra più particelle. Inoltre hanno affermato che si combina in modo meno elegante con la relatività speciale. Ma altri specialisti nella meccanica quantistica non sono d’accordo o dicono che semplicemente l’approccio è sottostimato. Potrebbe essere questione dello sforzo di riadattare le previsioni della  meccanica quantistica al linguaggio dell’onda pilota, ha affermato Anthony Leggett, professore di fisica all’Università dell’Illinois Urbana-Champaign, e Nobel. “Il fatto che uno pensi che ciò sia meritevole di un sacco di tempo e impegno è una questione di gusti personali”, ha aggiunto. “Io non la penso così”.
D’altra parte, come Bohm argomentava nel suo paper del 1952, una formulazione alternativa della meccanica quantistica potrebbe produrre le stesse predizioni della versione standard a scala quantistica, ma divergere nel caso di scale più piccole della natura. Nella ricerca di una teoria unificata della fisica a qualunque scala, “potremmo essere stati facilmente tenuti sulla strada sbagliata per un lungo periodo dall’esserci limitati all’interpretazione usuale della teoria quantistica”, scriveva Bohm.
Qualche entusiasta pensa che l’approccio in termini di fluidi potrebbe essere la chiave per risolvere l’annoso conflitto tra la meccanica dei quanti e la teoria gravitazionale di Einstein, che si scontrano a scala infinitesimale.
“C’è la possibilità di poter pensare a una teoria unificata del Modello standard e della Gravità in termini di un soggiacente, superfluido sostrato della realtà” ha detto Ross Anderson, un informatico e matematico all’Università di Cambridge in Inghilterra, e co-autore di un recente paper sull’analogia fluido-quantistica. Nel futuro, Anderson e i suoi collaboratori hanno intenzione di studiare il comportamento dei “rotoni” (eccitamenti di tipo particellare) nell’elio superfluido come un analogo anche più vicino al possibile “modello superfluido della realtà”.
Ma nel presente queste connessioni con la gravità quantistica sono speculative, e per i giovani ricercatori idee rischiose. Bush, Couder e altri studiosi di fluidodinamica sperano che le loro dimostrazioni di un numero crescente di fenomeni di tipo quantistico renderanno un’immagine deterministica, fluida della fisica dei quanti sempre più convincente.
“Con i fisici è una cosa così controversa, e le persone sono abbastanza evasive in questa fase” dice Bush. “Stiamo facendo passi avanti, solo tempo ci dirà. La verità vince sempre alla fine.”


lunedì 19 ottobre 2015

Un altro "Noi"

"...Questi insiemi non impongono omogeneità, non mettono al centro monoliti tirannici che facciano fare a tutti la stessa cosa; ma convocano gli oggetti di ciascuno, che sia all'interno o all'esterno al gruppo, e li fanno interagire tra loro in modo che anche i loro rappresentanti possano trasformarsi, modificarsi nell'incontro e nel dialogo. In questi gruppi il centro di attenzione e cura è il funzionamento dell'insieme stesso, e l'insieme di accorgimenti, dispositivi e artifici necessari a proteggere la qualità delle relazioni tra diversità e l'esistenza di ciò che dal loro incontro scaturisce. Non si riuniscono attorno a una parola di verità o di ordine, piuttosto a una intenzione e una ricerca; non condividono una "giusta causa", ma la causa comune, i bisogni e le intenzioni che hanno occasionato l'insieme, la passione per l'inedito che scaturisce, ogni volta sorprendendo, dall'interazione tra storie, pensieri e pratiche diverse. Non aspirano a diventre maggioritari, perchè quello che conta lì non è il numero delle persone, ma la qualità delle relazioni tra loro. Si alleano però facilmente con altri gruppi simili, anche se molto diversi per le identità dei partecipanti, riconoscendosi tra loro per le qualità del loro metodo e funzionamento. Perchè ciò che in definitiva hanno in comune, non è la meta, ma la qualità del cammino." 

Piero Coppo, "Il disagio dell'inciviltà - forme contemporanee del dominio"




mercoledì 9 settembre 2015

Never Known Questions

- Sono stato sedotto dal mio dolore. Sono scivolato via come una lacrima che solca il mio viso. Ho girato come un vagabondo, ho ruotato intorno al mio perno come un derviscio, come un fuggiasco ho cercato libertà altrove, perché nei luoghi dove provengo libertà è una parola che si circonda di catene. Ho cantato la potenza dell’urlo primordiale, del dolore tragico delle cicatrici, della liberazione sessuale; ho cantato l’attesa di una redenzione, di una liberazione totale, di un sogno fatto d’immagini che si mescolavano nella furia e nell’eccitazione; ma l’attesa inaridisce i corpi mentre tutto rimane com’è. Mentre le persone intorno a te colano colore sull’asfalto e diventano statue di marmo. L’attesa avvelena i rivoluzionari, li precipita nel senso di impotenza, nei pregiudizi della società, e nell’autoisolamento. La memoria delle rivoluzioni passate è la memoria di come i rivoluzionari siano stati incapaci di vedere che il cambiamento li macinava, e rendeva inutili i loro discorsi. È la memoria di come una teoria sbagliata possa ipotecare simboli, bandiere e parole d’ordine. Ma al di fuori dei discorsi il cambiamento scava, fa muovere persone e affetti, erge poteri e li fa crollare, genera diserzioni e lotte. Non si può tornare indietro. Non ho vagabondato per nulla. Bisogna vivere il tempo dell’attesa senza esserne riassorbiti.

Disse J. in quella notte. La macchina li aveva accompagnati fin dentro la pineta. La luna rifletteva una luce bianchissima. Il sentiero s’interrompeva all’altezza di una roccia illuminata dal bianco lunare.

- So quello che vuoi dire. Ma come facciamo ad attendere senza subire l’attesa? Senza morire di tristezza? Io ogni giorno mi ripeto che sarà l’ultimo. Che domani sarà domani, che non sarà l’ennesimo dei giorni tutti uguali. Ma giriamo per la città e i palazzi prendono polvere e tutti si aggrappano al passato. Siamo sempre gli stessi, e le nostre parole prendono polvere come i palazzi.

- Siamo cresciuti in una razza bastarda.

- "Che si danna l’anima nell’attesa di alba, di un giorno non uguale a mille altri uguali". La nostra vita è dannata ad inseguire qualcosa di cui solo noi siamo certi. Siamo alla perpetua ricerca di esseri affini, che non ci facciano cadere nel vuoto di ciò che abbiamo rigettato.

Sotto le pendici del monte, le luci del paese splendevano. La brezza umida muoveva le fronde dei pini. Era surreale osservare la vallata senza essere visti.
Ad un tratto J. si precipitò dal bordo del sentiero. Il suo corpo rotolò fino ad un fiumiciattolo. Trascinò anche il suo amico con sè. Ancora vivi, il fiume li portava, togliendo loro i vestiti. Gli occhi semichiusi osservavano le stelle, prima di chiudersi definitivamente.

Never Known Questions 

mercoledì 2 settembre 2015

Considerazioni #1

A quante persone è capitato di sentirsi completamente disgustati dal proprio passato? Di volerlo distruggere in una damnatio memoriae personale, o perlomeno di non volerlo più ricordare? Questi pensieri mi affollano la testa in questa sonnolenta giornata di inizio settembre, in una città immobile come Roma. Ho dovuto trasferire tutte le foto dei miei genitori in un archivio su Mega. E ho avuto l'occasione di rivedere i miei peggiori incubi. Io che faccio la comunione. Io sulle montagne con gli occhiali tondi e la faccia da rimbambito. Io che abbraccio ingenuo i miei genitori, del tutto ignaro di quanto dolore potesse darmi rendermi conto della crudeltà affettiva di una famiglia medio borghese. Le foto della montagna, altrettanto ingenue, con la loro atmosfera mielosa, il loro paternalismo patetico. I filmati scattati con vecchie macchine fotografiche, dove canticchio qualcosa su un altalena, improvviso discorsi. Vescovi, preti, zii, prozii, nonni, chiese, ristoranti e sorrisi di convenienza; la vita tranquilla di una famiglia benestante ritratta da centinaia di foto in jpeg. Guardandole ho provato la sensazione di cadere da un precipizio oscuro, socchiudendo gli occhi per non scorgere il cratere in cui sarei caduto. Ogni giorno è così: il conatus del non cadere mi accompagna in ogni gesto. Il disgusto si accompagna al senso di soffocamento. Non voglio tornare ad essere com'ero prima. Non posso accettare il passato. Anche se rimane incancellabile. Ogni giorno desidero cancellare tutto ciò che sono stato. Anche se non potrei farlo, anche se rimarrebbe comunque, se non in un supporto fisico, in una foto o in un file, almeno come spettro che aleggia sul mio viso. L'etica a volte è più forte di ogni considerazione realistica. La disperazione è ciò che mi tiene vivo. Non si torna indietro.


Requiem

domenica 3 maggio 2015

Rivolte, Razza e Capitalismo

Pubblico qui di seguito un articolo tradotto dal blog della Communist League of Tampa, sui fatti avvenuti a Baltimora qualche giorno fa. Di tutto quello che è stato speso come considerazioni ritengo che sia quello che coglie meglio la natura dei fatti, e nei prossimi giorni cercherò di tradurre altri articoli a proposito delle rivolte di Baltimora.



Rivolte, Razza e Capitalismo



Ordine pubblico e la santità della proprietà; queste sono le parole d'ordine di coloro che vorrebbero reprimere le sommosse a Baltimora, così come a Ferguson, o Los Angeles. In risposta a ciò che non può essere compreso, la stampa capitalista, e tutte le forze della società capitalistica si sono compattate contro quello che può solo essere rappresentato come un fenomeno irrazionale e quasi climatico: i cronisti locali riferiscono dell'esacerbazione della “folla” dall’unico posto in cui può essere fatta un’affermazione del genere: il terreno. E sul terreno, un solo imperativo è messo in evidenza; la sicurezza.
Sicurezza per chi? A Baltimora, negli ultimi quattro anni, più di 100 persone hanno vinto processi e contenziosi relativi all’accusa di brutalità e violazioni dei diritti civili. Le vittime includono un ragazzo di 15 anni che guidava una moto da cross, una contabile incinta di 26 anni che ha assistito a un pestaggio, una donna di 50 anni che vendeva biglietti per la lotteria della chiesa, un diacono di 65 anni che fumava una sigaretta e una nonna di 87 anni che aiutava il suo nipote ferito.
Qui non possiamo evitare di parlare di razza e di classe. La “folla” a Baltimora, così come a Ferguson, è composta da operai, nella maggior parte dei casi neri e latinoamericani. I consiglieri, i presidenti delle ONG,  i capi di Stato e i proprietari non sono stati freddati da teppisti in uniforme. E quegli stessi capitalisti-sicofanti si sono presentati in massa per lamentarsi del comportamento sconsiderato dei manifestanti. Ci sono due facce sostanziali della stessa medaglia pacificante: il disgusto capitalista, e la condanna pacifista. Il disgusto capitalista tende a rigettare semplicemente le persone coinvolte nella rivolta in maniera puramente fantasiosa come teppisti, criminali, gangsters, violenti, sempre sventolando la santità della proprietà. Gli agenti pacificanti della “comunità” lavorano per sostenere l’Umanità astratta dei manifestanti (non sono teppisti! Sono i nostri figli!) mentre non sono in grado di sostenere autenticamente i “loro figli” contro il capitalismo.
Il fallimento sta nel considerare la comunità nera in quanto tale. Invece di riconoscere il ruolo di divisione giocato dalle classi, quelli che vorrebbero coinvolgere i manifestanti lo fanno nell’idea di rappresentare la “comunità” che in questo caso è composta primariamente di proprietari, nel nome dell’”unità dei neri”. A questo punto, per rappresentare la comunità nera (e rispetto a chi stanno rappresentando la comunità nera?) gli aspiranti  “leader” devono in primo luogo, prima di ogni cosa, dichiarare la santità della proprietà sulla vita. La vecchia tradizione capitalista di estirpare la vita umana per i diritti di coloro che detengono la proprietà è più viva che mai.
Pensateci: lunedì 27 aprile, dopo aver pianificato una protesta il fine settimana precedente, gli studenti sono stati anticipati dalla polizia nel tentativo di disperderli. Qual'è il metodo che ha applicato la polizia? Secondo molti resoconti le guardie hanno fermato autobus, agguantato studenti e professori e costretto questi ultimi a tornare a casa, dopo essere stati prima cacciati via dalla scuola. Circondati e inseguiti dalle guardie, gli studenti hanno reagito, come si può vedere da numerosi video online.
Mentre i manifestanti continuavano, hanno saccheggiato un CVS (una catena di farmacie americana, ndr) e un 7-11. E i capitalisti vogliono raccontarci che sono teppisti, che sono criminali, selvaggi, animali. Cazzate. Stavano mettendo in pratica la promessa di cui troppo spesso si riempiono la bocca i sicofanti di sinistra: no justice, no peace. La tua proprietà non vale un cazzo. Di fronte alla loro mancanza di libertà, nella forma di maiali vestiti di blu e nero con distintivi luccicanti e zoccoli dal grilletto facile, i ragazzi di Baltimora si sono ribellati. Nei prossimi giorni non possiamo essere ingannati dal potenziale arresto degli ufficiali responsabili della morte di Freddie, o dallo spettacolo di qualunque “comunità” che invoca la pace tra i giovani proletari e gli sbirri.
Come comunisti dobbiamo:

1) Trovare dei modi per sostenere praticamente i giovani proletari in rivolta. Aiutarli ad evitare di essere catturati dalla polizia, aiutarli con la difesa legale. Ciò sarà difficile da lontano, ed è per questo che è necessaria la fraternizzazione tra gruppi comunisti.

2) Sostenere la formazione di elementi proletari a Baltimora e altrove nella lotta pratica contro la superiorità dei bianchi nella forma della brutalità poliziesca, discriminazione nel lavoro e altro. Ciò significa lavorare per costruire solidarietà tra diversi elementi della classe, incoraggiare l’educazione sulla razza e il capitalismo, e costruire un movimento di azione diretta centrato su rivendicazioni concrete. Ciò significa portare aiuto nello sviluppo di tattiche e strategie effettive. Noi non abbiamo tutte le risposte. Ma impegnarsi con elementi proletari in questi termini è il primo passo per trovare una soluzione.

3) I poliziotti non sono lavoratori. Sono salariati che sono passati dall’altra parte della barricata. Chi cerca ogni giorno di rompere il cranio della classe operaia, di rompere le mani a qualche affamato che ruba una granita non è un amico della classe operaia. I lavoratori hanno bisogno di difendersi da questa minaccia. Dato che i lavoratori neri sono i più colpiti dalla polizia negli Stati Uniti, tutti i lavoratori hanno il dovere di sostenerli nel reagire ed evitare la brutalità poliziesca.


martedì 7 aprile 2015

Thalassa, terza edizione: alcuni commenti


“…Ecco allora riemergere prepotentemente l’immaginario dei film di genere all’italiana - cannibal movie, gialli, mondo movie, spaghetti western - e le relative colonne sonore. Quel folklore popolare violento, oscuro, esoterico così ben tratteggiato nei saggi di un Ernesto De Martino e nei documentari di un Luigi Di Gianni, ma anche ansie relative all'età del terrorismo e quel rovescio della medaglia della dolce vita felliniana incarnato dai personaggi di Pasolini. O, ancora, un misto di cattolicesimo e cristianità gnostica fagocitato da ferali istintualità pagane. Questo coacervo di memorie così ponderose continua a infestare il presente, al punto da suggestionare una vasta gamma di artisti, basti vedere le tante operazioni retrologiche in atto nel cinema italiano.” Antonio Ciarletta, “Italian Occult Psychedelia”, in “Blow Up” n° 164, Gennaio 2012



Tre giorni fa si è concluso Thalassa, il festival di “Italian Occult Psychedelia” che va ormai avanti da tre edizioni al Dal Verme di Roma. A distanza di tre giorni sono già state spese parole, considerazioni, live reports, pronostici su un prossimo futuro di questo (micro)movimento, e così via. Ogni considerazione aggiuntiva potrebbe risultare superflua. Eppure a posteriori, dato che alle tre giornate del Thalassa ero presente,sento comunque la necessità di dire quello che è emerso dalla mia prospettiva. Come alcuni già sanno tutto cominciò con un articolo di Antonio Ciarletta su Blow Up, tre anni fa, nel tentativo di mettere in risalto un tratto comune di alcuni gruppi che allora emergevano nella scena musicale italiana. La definizione di “Italian Occult Psychedelia” fu portata alla ribalta anche da Simon Reynolds, che aveva per primo espresso nella critica musicale un concetto ripreso da Derrida che ritorna nell’articolo di Ciarletta, il concetto di ”Hauntology”. Hauntology letteralmente è un gioco di parole tra ontology e haunter, ovvero una sorta di "ontologia dello spettro". L’uso che ne fa Reynolds è quello di indicare un tipo di musica che rievoca degli “spettri” del passato come presenza che infesta il presente, capace attraverso questi “disordini della memoria” di generare immagini di un futuro mai esistito (per esempio, in Inghilterra tale filone ha dato vita alle produzioni della Ghost Box o all’hypnagogic pop). Le colonne sonore di Ennio Morricone e dei Goblin, gli Aktuala, il folklore del sud Italia, i documentari di Ernesto Di Martino sulla Taranta in Salento, i film di Pasolini e di Elio Petri  o i documentari su Lotta Continua e le Brigate Rosse sono un esempio di come questo concetto si è diffuso tra i gruppi italiani. E si può dire tranquillamente che in cinque anni sono riusciti nell'impresa di alzare notevolmente il livello qualitativo della musica in questo paese.

Già un anno fa avevo assistito ad una delle date, ma quest’anno ho voluto attraversare interamente tutte le sensazioni che sarebbero emerse.  Il primo giorno arrivo in tempo per vedere Alos?, progetto solista della cantante degli OvO, che a dire il vero non mi impressiona molto, così come non mi hanno mai detto nulla gli OvO. Il gruppo successivo, i Control Unit, cominciano a dirmi qualcosa di più, ma il climax della serata lo raggiungono gli Hermetic Brotherhood of Lux-Or: 25 minuti di bordoni noise, un rituale dal quale si sprigiona un’energia violentissima e allo stesso tempo arcaica, come la civiltà nuragica alla quale si ricollega l’immaginario del gruppo. Arrivo il secondo giorno mentre cominciano a suonare gli Al Doum & the Faryds.  E questa volta è una sorpresa attesa:  i loro intrecci tra Kraut a la Ash Ra Tempel, psichedelia “etnica” sulla scia degli Aktuala e rievocazioni mediorientali permeano lo scantinato del Dal Verme di un’atmosfera vibrante e dilatata. L’atmosfera del secondo gruppo, i Jooklo Duo, è decisamente più free jazz, mentre l’ultimo set di Virtual Forest, il progetto elettronico di Marco Bernacchia, conclude la serata con le sue atmosfere tra l’onirico, il visionario e l’ipnotico. Ma è il terzo giorno che il festival arriva al culmine: suona Lino “Capra” Vaccina, ex musicista degli Aktuala il cui primo, meraviglioso disco solista, “Antico Adagio”, è stato di recente ristampato dalla Die Schachtel. E trasporta gli spettatori in delle atmosfere soffuse, minimaliste, sospese fuori dal tempo: i loops sonori del vibrafono, accompagnati da un campionatore, un gong e un crash si diffondono delicatamente tra le pareti e tra gli astanti; non ho potuto non restare meravigliato da uno tra i concerti più belli e significativi degli ultimi mesi a Roma. Seguono i Tetuan, che suonano un tipo di psichedelica più “pestata” e energica, al limite dello stoner. E si conclude così la mia esperienza, non avendo il tempo di vedere i The Great Saunites, che seguivano i Tetuan.


Una conclusione provvisoria: c’è qualcosa che ancora si muove, in questo paese, nonostante tutto. C'è qualcosa che da ormai qualche anno ha rotto con la cappa soffocante dell'indie, dell'alternative e dei suoi derivati, che esplora o riscopre orizzonti sonori non scontati. Qualcuno si stringe attorno alle macerie per evocare futuri possibili, meccanismi che facciano saltare in aria la noia, lo squallore e il vuoto della società presente. Forse il festival finirà con quest'ultima edizione, ma n rizomi scaturiranno dalle esperienze attuali. Non disperdiamoci.