domenica 17 luglio 2016

Banalità di Base

È incredibile la protervia con cui chi si definisce rivoluzionario o comunista (e in questo caso devo dire anche molti anarchici) sia totalmente disinteressato a rendere quella che lui chiama "politica" qualcosa di seducente, invece che una serie di stanche, scialbe tiritere che suonano come cadaveri in bocca. E non è una cosa che penso solo da adesso, ma è una cosa che non faccio che notare ogni anno che passa, specie in questi anni di nevrosi sociale.

Il logocentrismo di certi compagni ormai lo trovo francamente oppressivo.

Ma non ha a che vedere con il fatto di adottare una teoria al posto di un'altra: ha a che vedere con un modo di vedere la vita che sostituisce all'eudaimonia conviviale, al piacere e all'intensità corporale delle relazioni, mancanti dei limiti netti delle ideologie, la pesantezza delle paranoie gruppettare e l'assoluta necessità di continuare a produrre scartoffie apparentemente onnicomprensive, quando si potrebbe benissimo fare qualcos'altro di più carino, o semplicemente usare la produzione e la discussione teorica come uno strumento di accrescimento del desiderio, sia individuale che collettivo, invece che di un suo attivistico contenimento.

Ha a che vedere con l'atomizzazione e non con il progetto del suo superamento.

Nota: per chi si sentisse tirato in causa, sappia che questa critica non lo riguarda nè riguarda nessuno nello specifico. Nè è una critica degli sforzi organizzativi di certi compagni, che anzi riconosco e di cui sono grato. Semmai potrebbe essere un invito a uscire dalla palude della "politica seria" con un po' di bonaria allegrezza.