sabato 27 febbraio 2016

Considerazioni #4

Ci sono volte in cui vorresti stare da solo. Però poi no, non ti rinchiudere in te stesso, c'è tutto un mondo fuori su cui puoi intervenire, e poi la solitudine è uno stigma di una condizione dominata dal Capitale, almeno non amarla visto che in questo fottuto mondo siamo tutti soli - eppure, eppure ci sono momenti in cui la solitudine ti appare sotto una veste decisamente diversa: sono quei momenti in cui leggi "Altri Libertini" di Pier Vittorio Tondelli oppure le poesie di Forough Farrokhzad e ti immedesimi in quelle storie dei bar e delle strade dell'Emilia dei primi anni '80 o nelle espressioni delicate e tristi di una donna di in un paese lontano, e guardi fuori dalla finestra buia scorgendo accanto il ramoscello di fiori di susino rosa che hai colto e messo in un vaso oggi pomeriggio e le pile di libri sbilenche che hai lasciato sugli scaffali della tua camera e vorresti addormentarti, adesso, e sognare di fiori di susino e travestiti nei bar emiliani, e di strade polverose in una città dell'entroterra iraniano o di tutto ciò che possa toglierti di dosso il peso di dover essere qui e ingurgitare tutta l'informazione e i fiumi di parole che comporta l'essere una persona socialmente attiva, riuscire finalmente a nasconderti sulla superficie di un cuscino chiudendo gli occhi davanti agli adesivi degli spazi occupati e i poster dei gruppi panc arcòr attaccati alla porta. È bello guardare la falce della luna nuova illuminare con la sua luce pallida la cima del cipresso, triste e flessuoso nel velo notturno; è bello sapere di poter sfuggire alle definizioni, di potersi nascondere nelle pagine di qualche libro, in alcuni spazi, nelle pieghe di qualche sensazione tattile e visiva e uditiva. Riuscire ad avere ancora vie di fuga.

All of them are missing
As the game comes to a start
No one is there.




giovedì 25 febbraio 2016

Il vento ci porterà via

"Nella mia piccola notte, ahimè
Il vento ha un appuntamento con le foglie
Nella mia piccola notte
C'è l'ansia del declino

Ascolta,
Senti il soffio delle tenebre?
Io, assuefatta alla mia infelicità
Guardo stupita questa intensa felicità
Ascolta,
Senti il soffio delle tenebre?

Ora, qualcosa attraversa la notte
Rossa e inquieta è la luna
Ora su questa vólta,
Dove ogni attimo si teme il crollo,
Le nuvole, questa folla in lutto,
Sembrano attendere l'attimo della pioggia

Un istante
E poi, più nulla
Oltre questa finestra trema la notte
E la terra esita a roteare
Oltre questa finestra, l'ignoto
È in ansia per noi

Oh, fresco cupo del verde
Posa le tue mani, arse come il ricordo
Nelle mie mani innamorate
E abbandona le tue labbra
Di calde sensazioni dell'essere
Alle carezze delle mie labbra innamorate
Il vento ci porterà via con sè,
Il vento ci porterà via."

Forough Farrokhzâd

lunedì 22 febbraio 2016

Considerazioni #3

Sono dell'idea che non si dovrebbe mai cominciare una conversazione sulle società e gli individui partendo dalla "cultura". O meglio, bisognerebbe prima capire cos'è la "cultura" e in che cosa diverge dalla raffigurazione che viene data di solito a questo termine, e poi decidere se usare o no questo concetto. Per esempio: esiste o no la "cultura occidentale" e la "cultura orientale"?

Cos'è la "cultura occidentale"? Basterebbe porre la domanda a qualunque persona mediamente colta - non solo all'uomo della strada - per vedere il vuoto di idee profilarsi sul volto dell'interrogato. Di volta in volta viene data una definizione vaga delle varie "culture" prevalentemente centrata sulle rappresentazioni sovrastrutturali, ad esempio si è soliti parlare della scienza meccanica "occidentale" o della medicina "occidentale" come se tale scienza e tale medicina non funzionassero allo stesso modo a Mumbai come a Philadelphia e Shiraz. Oppure vengono continuamente coniate delle "qualità morali" (anche solo usare il termine mi fa venire il voltastomaco) che contraddistinguerebbero le varie "culture", con intenti più o meno apologetici nei confronti di questa o quell'altra "cultura" e del tutto incuranti degli individui particolari che "abitano" le culture in questione - ed è un'operazione concettuale che sfortunatamente non viene fatta solo dai razzisti beceri e dagli emuli della Fallaci, ma anche da insospettabili persone di sinistra che continuano a parlare di "culture" per evitare una critica "strutturale" al capitalismo.

Prendiamo la "cultura mediorientale", nella fattispecie arabo-persiana. Tutti sono concordi a farla rientrare nel calderone della "cultura orientale", se non altro da un punto di vista geografico. Ma è un'operazione sbagliata, se non altro da un punto di vista filosofico: gran parte di quella che noi chiamiamo "cultura" e scienza "occidentale" sarebbe stata impossibile senza la mediazione culturale arabo-persiana, dalla scuola di Baghdad fino agli ultimi regni prima dell'invasione dei Mongoli in Persia e in Iraq. I dotti di Tabriz nel XIII secolo conoscevano Aristotele, Platone, Plotino, Apollonio e Euclide molto meglio di quanto non facessero i loro omologhi occidentali. Quindi se ragionassimo da un punto di vista culturale diremmo che la "cultura mediorientale" è parte di quella occidentale.

E allora cos'è una cultura? Si può fare come Johan Huizinga che affermava che la cultura fosse un'estensione delle attività ludiche? La cultura rientra o no nella "struttura" economica? Ha senso porsi queste domande?

venerdì 5 febbraio 2016

Foival Orsis

Io
Orsis di cognome
Foival di nome
Nulla chiesi
Dal mondo
Che d'essere accettato
E colori che potessero
Modellare i miei sensi
Ma io sprofondo
Nella solitudine
E i colori
Erano pennellate
Di acquerelli,
E il volto dell'Idolo
È profumo di muschio
Che si affievolisce
Ai bordi della mia finestra.
Tutto chiesi
Dal mondo
Eppure di quello che ho
Restano le lacrime
E l'incomunicabilità
E le parole vomitate
Dal profondo dei miei
Occhi.
Foival,
Tu piangi
Senza una spalla
Che sussurri parole
Dolci di nettare,
E le tue lacrime
Scorrono
Nei rivoli dell'indifferenza.
Piangi! Forse
Qualcuno riuscirà
A raccogliere il segreto
Nascosto nelle lacrime;
Chicchi di melograno
sgorgano dalle tue guance. 



Del-e-Majnun

Ascolta, ascolta il ney
Ascolta come piange la separazione
Come piange la separazione dall'Amato
Da quando mi hanno 
strappato dal Canneto
Vago ebbro di tristezza
Ai bordi delle strade
Alla ricerca di un volto di luna
Che illumini il mio sguardo
Che plachi il mio desiderio:
Un mihrab di rubini
Splendenti ai raggi 
Del sole mattutino.
n cuore voglio, un cuore dilaniato dal distacco dall'Amico,
che possa spiegargli la passione del desiderio d'Amore;
Perché chiunque rimanga lungi dall'Origine sua,
sempre ricerca il tempo in cui vi era unito. - See more at: http://www.sufi.it/sufismo/Ney1.htm#sthash.yDfdivY1.dpuf
n cuore voglio, un cuore dilaniato dal distacco dall'Amico,
che possa spiegargli la passione del desiderio d'Amore;
Perché chiunque rimanga lungi dall'Origine sua,
sempre ricerca il tempo in cui vi era unito. - See more at: http://www.sufi.it/sufismo/Ney1.htm#sthash.yDfdivY1.dpuf
n cuore voglio, un cuore dilaniato dal distacco dall'Amico,
che possa spiegargli la passione del desiderio d'Amore;
Perché chiunque rimanga lungi dall'Origine sua,
sempre ricerca il tempo in cui vi era unito. - See more at: http://www.sufi.it/sufismo/Ney1.htm#sthash.yDfdivY1.dpuf
Deserte sono le vie del cuore:
Punti fissi questa vita non ha.
Ey pesar,
Perchè dovresti cercarne?





lunedì 1 febbraio 2016

Distici di Abdul-Qādir Bēdil

"Agitata è dalle mie ceneri la coppa del mondo
Quale occhio ardente con tale impeto mi ha dato fuoco?"

"Chi supplicherà queste delicate e bellissime mani di spargere il mio sangue?
Ho bussato alla porta della pazienza, fino a che incontrai una primavera dal colore della henna."

"Molte case della bellezza ho traversato nel mio oblio
Anche un passo falso nel tuo desiderio è diventato il colpo del pennello di Behzad (Kamāl ud-Dīn, NdR)"

"Delicata arte è imparare i segreti dell'amore;
La penna scivola nel tratteggiare la parola dell'errore"

"Nel deserto del desiderio non vi sono punti fissi
Non sono necessari per trovare i nostri luoghi"

"Dalla felice designazione la sollecitudine ancora disegnò
Non ogni specchio sorretto meritò la visione."

"Solo attraverso il velo udii la parola, con il cuore udienza non ebbi alcuna
Come manifestare ciò che non vidi, dovresti chiederlo al fabbricante di specchi."