Rivolte, Razza e Capitalismo
Ordine pubblico e la santità della proprietà; queste sono le parole d'ordine di coloro che vorrebbero reprimere le sommosse a Baltimora, così
come a Ferguson, o Los Angeles. In risposta a ciò che non può essere compreso,
la stampa capitalista, e tutte le forze della società capitalistica si sono
compattate contro quello che può solo essere rappresentato come un fenomeno
irrazionale e quasi climatico: i cronisti locali riferiscono dell'esacerbazione della “folla” dall’unico posto in cui può essere fatta un’affermazione del
genere: il terreno. E sul terreno, un solo imperativo è messo in evidenza; la sicurezza.
Sicurezza per chi? A Baltimora, negli ultimi quattro anni,
più di 100 persone hanno vinto processi e contenziosi relativi all’accusa di
brutalità e violazioni dei diritti civili. Le vittime includono un ragazzo di
15 anni che guidava una moto da cross, una contabile incinta di 26 anni che ha
assistito a un pestaggio, una donna di 50 anni che vendeva biglietti per la lotteria
della chiesa, un diacono di 65 anni che fumava una sigaretta e una nonna di 87
anni che aiutava il suo nipote ferito.
Qui non possiamo evitare di parlare di razza e di classe. La
“folla” a Baltimora, così come a Ferguson, è composta da operai, nella maggior
parte dei casi neri e latinoamericani. I consiglieri, i presidenti delle
ONG, i capi di Stato e i proprietari non
sono stati freddati da teppisti in uniforme. E quegli stessi
capitalisti-sicofanti si sono presentati in massa per lamentarsi del
comportamento sconsiderato dei manifestanti. Ci sono due facce sostanziali
della stessa medaglia pacificante: il disgusto capitalista, e la condanna
pacifista. Il disgusto capitalista tende a rigettare semplicemente le persone
coinvolte nella rivolta in maniera
puramente fantasiosa come teppisti,
criminali, gangsters, violenti,
sempre sventolando la santità della proprietà. Gli agenti pacificanti della
“comunità” lavorano per sostenere l’Umanità astratta dei manifestanti (non sono
teppisti! Sono i nostri figli!) mentre
non sono in grado di sostenere autenticamente i “loro figli” contro il
capitalismo.
Il fallimento sta nel considerare la comunità nera in quanto
tale. Invece di riconoscere il ruolo di divisione giocato dalle classi, quelli che vorrebbero coinvolgere i manifestanti lo fanno nell’idea di
rappresentare la “comunità” che in questo caso è composta primariamente di proprietari,
nel nome dell’”unità dei neri”. A questo punto, per rappresentare la comunità
nera (e rispetto a chi stanno rappresentando la comunità nera?) gli
aspiranti “leader” devono in primo
luogo, prima di ogni cosa, dichiarare la santità della proprietà sulla vita. La
vecchia tradizione capitalista di estirpare la vita umana per i diritti di
coloro che detengono la proprietà è più viva che mai.
Pensateci: lunedì 27 aprile, dopo aver pianificato una
protesta il fine settimana precedente, gli studenti sono stati anticipati dalla
polizia nel tentativo di disperderli. Qual'è il metodo che ha applicato la polizia? Secondo molti resoconti le guardie hanno fermato autobus, agguantato studenti e professori e costretto
questi ultimi a tornare a casa, dopo essere stati prima cacciati via dalla scuola. Circondati e inseguiti dalle
guardie, gli studenti hanno reagito, come si può vedere da numerosi video
online.
Mentre i manifestanti continuavano, hanno saccheggiato un
CVS (una catena di farmacie americana, ndr) e un 7-11. E i capitalisti vogliono
raccontarci che sono teppisti, che sono criminali, selvaggi, animali. Cazzate.
Stavano mettendo in pratica la promessa di cui troppo spesso si riempiono la
bocca i sicofanti di sinistra: no
justice, no peace. La tua proprietà non
vale un cazzo. Di fronte alla
loro mancanza di libertà, nella forma di maiali vestiti di blu e nero con
distintivi luccicanti e zoccoli dal grilletto facile, i ragazzi di Baltimora si
sono ribellati. Nei prossimi giorni non possiamo essere ingannati dal
potenziale arresto degli ufficiali responsabili della morte di Freddie, o dallo
spettacolo di qualunque “comunità” che invoca la pace tra i giovani proletari e
gli sbirri.
Come comunisti dobbiamo:
1) Trovare dei modi per sostenere praticamente i giovani proletari in rivolta. Aiutarli ad evitare di essere catturati dalla polizia, aiutarli con la difesa legale. Ciò sarà difficile da lontano, ed è per questo che è necessaria la fraternizzazione tra gruppi comunisti.
2) Sostenere la formazione di elementi proletari a Baltimora e altrove nella lotta pratica contro la superiorità dei bianchi nella forma della brutalità poliziesca, discriminazione nel lavoro e altro. Ciò significa lavorare per costruire solidarietà tra diversi elementi della classe, incoraggiare l’educazione sulla razza e il capitalismo, e costruire un movimento di azione diretta centrato su rivendicazioni concrete. Ciò significa portare aiuto nello sviluppo di tattiche e strategie effettive. Noi non abbiamo tutte le risposte. Ma impegnarsi con elementi proletari in questi termini è il primo passo per trovare una soluzione.
3) I poliziotti non sono lavoratori. Sono salariati che sono
passati dall’altra parte della barricata. Chi cerca ogni giorno di rompere il
cranio della classe operaia, di rompere le mani a qualche affamato che ruba una
granita non è un amico della classe operaia. I lavoratori hanno bisogno di
difendersi da questa minaccia. Dato che i lavoratori neri sono i più colpiti
dalla polizia negli Stati Uniti, tutti i lavoratori hanno il dovere di
sostenerli nel reagire ed evitare la brutalità poliziesca.