domenica 15 maggio 2016

Wittgenstein

"La meccanica newtoniana, ad esempio, riduce la descrizione del mondo in forma unitaria.

Pensiamo una superficie bianca, con sopra macchie nere irregolari. Noi diciamo ora: qualunque immagine ne nasca, sempre posso avvicinarmi quanto io vogila alla descrizione dell'immagine, coprendo la superficie con un reticolato di quadrati rispondentemente fine e dicendo d'ogni quadrato che è bianco, o nero.

A questo modo avrò ridotto la descrizione della superficie in forma unitaria.

Questa forma è arbitraria, poichè avrei potuto impiegare con eguale successo una rete di maglie triangolari o esagonali.

Può essere che l'uso d'una rete di triangoli rendesse la descrizione più semplice, cioè che noi potessimo descrivere la superficie più esattamente con una rete di triangoli più grossa che con una più fine di quadrati (e viceversa), e così via.

Alle diverse reti corrispondono diversi sistemi di descrizione del mondo.

La meccanica determina una forma di descrizione del mondo dicendo: tutte le proposizioni della descrizione del mondo devono ottenersi da un certo numero di proposizioni date - gli assiomi della meccanica - in un modo dato. Così essa fornisce pietre per la costruzione dell'edificio della scienza e dice: qualunque edificio voglia tu innalzare, lo devi comunque costruire con queste pietre e con queste soltanto.

[...]

E ora vediamo la posizione reciproca di logica e meccanica. (Si potrebbe far consistere la rete anche di figure eterogenee, per esempio di triangoli ed esagoni.)

Che un'immagine, come quella menzionata or ora, possa descriversi mediante una rete di forma data, non enuncia nulla intorno all'immagine. [...] Come pure nulla enuncia intorno al mondo la possibilità di descriverlo mediante la meccanica newtoniana; ma enuncia invece qualcosa la possibilità di descriverlo mediante essa proprio così come appunto lo si può descrivere.

E dice qualcosa intorno al mondo anche la possibilità di descriverlo più semplicemente mediante l'una meccanica che mediante l'altra."

L. Wittgenstein, "Tractatus Logico-Philosophicus", 6.341-6.342

domenica 8 maggio 2016

Fuoco sui Ragazzi del Coro

"Nessuna paura di morire. Nessuna paura di restare soli. Siamo uomini. Siamo come fili d’erba nel deserto. Siamo vette. Procediamo spalla a spalla. Copriamo ogni spiraglio. Non abbiamo parte e non faremo storie. Potete anche bruciare tutta la prateria o radere al suolo per intero la foresta delle pretese, non avrete mai certezza d’aver distrutto ogni nostra semenza. Siamo nella radice dell’olivo, nel canto della spremitura; siamo nella vicenda senza fine della libertà. Siamo nel vento, nell’alba, siamo nel rumore di fondo dell’umanità. Non potete occultare nelle vostre biblioteche polverose il nostro volto sempre diverso, sempre nervoso e bello. Siamo la padronanza del disastro, i puntini sospensivi del destino. Siamo il muschio nero che avvolge la corteccia ingenua, il rapido infiammarsi dell’incanto fra le strade che invocano l’uomo. – Perché non deponete le armi e vi accontentate di sopravvivere ai vostri limiti? – Perché noi non abbiamo paura e perché sappiamo, anzi siamo sicuri che in qualche luogo, anche se del tutto in disparte (ascoltate, prestate orecchio), alcune presenze, alcuni corpi intelligenti ed essenziali hanno cominciato a ridere di voi e dei nostri limiti coltivando il sogno sovrumano di abbattere ogni limite."

Carmine Mangone, "Fuoco sui ragazzi del coro".

lunedì 2 maggio 2016

Civiltà

"Verso Sud-Est, a tremila leghe di qui,
Il Yuang e il Siang formano un vasto lago.
Sopra quel lago son valli alpestri profonde,
Là vivono uomini dal cuore senza malizia.
Allegri come bambini sciamano sugli alberi
O corrono all'acqua per prendere trote e reine.
Le loro gioie sono gioie di bestie e d'uccelli,
Non mettono freno nè al corpo nè al pensiero.
Ho girovagato assai per le Nove Contrade:
Ovunque simili usanze sono sparite.
Mi trovo ridotto a chiedermi perplesso
Se Santi e Saggi ci han fatto davvero un gran bene."


Yuan Jie, IX sec. (?) d.C.