mercoledì 2 settembre 2015

Considerazioni #1

A quante persone è capitato di sentirsi completamente disgustati dal proprio passato? Di volerlo distruggere in una damnatio memoriae personale, o perlomeno di non volerlo più ricordare? Questi pensieri mi affollano la testa in questa sonnolenta giornata di inizio settembre, in una città immobile come Roma. Ho dovuto trasferire tutte le foto dei miei genitori in un archivio su Mega. E ho avuto l'occasione di rivedere i miei peggiori incubi. Io che faccio la comunione. Io sulle montagne con gli occhiali tondi e la faccia da rimbambito. Io che abbraccio ingenuo i miei genitori, del tutto ignaro di quanto dolore potesse darmi rendermi conto della crudeltà affettiva di una famiglia medio borghese. Le foto della montagna, altrettanto ingenue, con la loro atmosfera mielosa, il loro paternalismo patetico. I filmati scattati con vecchie macchine fotografiche, dove canticchio qualcosa su un altalena, improvviso discorsi. Vescovi, preti, zii, prozii, nonni, chiese, ristoranti e sorrisi di convenienza; la vita tranquilla di una famiglia benestante ritratta da centinaia di foto in jpeg. Guardandole ho provato la sensazione di cadere da un precipizio oscuro, socchiudendo gli occhi per non scorgere il cratere in cui sarei caduto. Ogni giorno è così: il conatus del non cadere mi accompagna in ogni gesto. Il disgusto si accompagna al senso di soffocamento. Non voglio tornare ad essere com'ero prima. Non posso accettare il passato. Anche se rimane incancellabile. Ogni giorno desidero cancellare tutto ciò che sono stato. Anche se non potrei farlo, anche se rimarrebbe comunque, se non in un supporto fisico, in una foto o in un file, almeno come spettro che aleggia sul mio viso. L'etica a volte è più forte di ogni considerazione realistica. La disperazione è ciò che mi tiene vivo. Non si torna indietro.


Requiem

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